L’unicità della mutazione intenso

Inviato da Canali Giovanni il Lun, 11/06/2018 - 23:32

La mutazione intenso ha aspetti di assoluta unicità, mai riscontrati in nessun’altra specie. Prima di procedere alla descrizione della mutazione è necessario spendere qualche parola sulla forma originale selvatica.

Il Canarino (Serinus canaria) originario delle Canarie, delle Azzorre e Madera, presenta una livrea verde per l’insieme di melanine nere e brune, nonché di lipocromi, che sono carotenoidi gialli.

Ciò detto, interessa vedere l’aspetto che gli allevatori chiamano categoria, vale a dire la distribuzione dei carotenoidi e la struttura del piumaggio.

Ebbene, i carotenoidi nel canarino selvatico non raggiungono l’apice della penna, formando così una lunetta biancastra; il piumaggio è di struttura normale, come ovvio in un selvatico.

Tale lunetta ha fatto pensare, agli italiani, a cristalli di brina; pertanto, la situazione con lunette è detta brinatura e la conseguenza è che i selvatici appartengono alla categoria Brinato.

Non in tutte le lingue si usa il termine brinato: infatti, i fiamminghi dicono “schimmel” (muffa) termine usato anche da altri, per chi è di lingua spagnola “nevado”.

È importante notare che la lunetta biancastra, cioè la brinatura, non è presente in egual misura nelle varie parti del corpo.

Vi sono zone dette di elezione ove la lunetta non c’è, infatti la penna è del tutto saturata di carotenoidi ed il colore è più intenso. Trattasi di maschera o mascherina facciale, le cosiddette spalline (in realtà piccole copritrici e copritrici marginali dell’ala) e codione.

Per contro, vi sono zone in cui la brinatura tende ad addensarsi diventando più evidente e conferendo un colore più chiaro. Queste zone sono il collare e, soprattutto, la zona ventrale.

Questa situazione non ha nulla di raro o di strano, poiché è diffusa in forma più o meno accentuata in molte specie.

La particolarità sconvolgente è data dalla mutazione Intenso. Questa denominazione deriva dal fatto che il colore diventa più concentrato, più carico e quindi più intenso.

La mutazione agisce accorciando la barbe delle penne e riducendo altresì le altre produzioni cutanee; cioè

il becco e, in misura più evidente, le squame e le unghie dei piedi.

La riduzione del vessillo accorcia leggermente la penna e soprattutto la restringe, anche se di solito si sente parlare solo di penna corta. Questa riduzione del vessillo concentra i carotenoidi conferendo maggiore carica cromatica. Si è pensato anche ad un aumento dei carotenoidi, ma non è probabile, dovrebbe essere solo concentrazione, anche se l’effetto è così notevole da indurre a cercare causa ulteriore.

Si è anche pensato ad una riduzione scheletrica, ma pare non ci sia. Certo, la struttura appare più snella e dà questa impressione. Anche il piede appare con tarso-metatarso e dita più sottili, ma probabilmente è solo una questione di squame ridotte. Del resto, la morfologia è legata più al piumaggio che non allo scheletro.

Si badi bene che il gene mutato non è certo l’unico ad avere effetto sul piumaggio, ce ne sono moltissimi: infatti, ci possono essere degli intensi a piumaggio lunghissimo ed abbondantissimo (del resto l’intenso agisce sulle barbe, pare non agisca sulla rachide) anche quando l’intenso è al massimo dell’espressione, vale a dire senza tracce di brinatura residua, mentre possiamo avere brinati a piumaggio molto attillato, certo di tipo equilibrato e non da intenso. La differenza fra intensi e brinati, la si nota bene a parità di quadro generale e soprattutto all’interno di una fratria.

Comunque è una mutazione davvero drastica e di notevolissimo effetto.

Il comportamento genetico è autosomico dominante e sub letale, c’è un’espressività variabile e forse anche un effetto additivo di geni modificatori. Esiste un’interferenza del dimorfismo sessuale e le femmine appaiono meno intense, nel senso che presentano spessissimo tracce di brinatura, meno frequenti nei maschi. Del resto anche la categoria selvatica brinato vede maggiore brinatura nelle femmine e minore evidenza delle zone di elezione sempre nelle femmine. Si badi che le zone di elezione vengono dette intense, ma la struttura delle penne è normale, si ha solo saturazione di carotenoidi e quindi non hanno nulla a che vedere con la mutazione intenso.

L’espressività variabile attiene a tracce di brinatura che possono persistere specialmente dove la brinatura è più accentuata nella forma selvatica, cioè collare e zona ventrale, mentre non ci sono mai nelle zone di elezione.

I soggetti omozigoti, detti doppi intensi, appaiono striminziti, molto sottili, l’estrema riduzione del vessillo consente di scorgere la cute vicino all’occhio. Erroneamente si diceva che mancasse qualche penna, ma è solo un’impressione. Anche i piedi appaiono più sottili per la riduzione delle squame. Pure unghie e becco sono interessati.

Si è anche parlato di mortalità dell’omozigote, ma ciò non corrisponde al vero.

Fino qui parrebbe essere una mutazione certo rarissima e violenta, ma non del tutto eccezionale; l’eccezionalità, anzi unicità straordinaria, appare negli accoppiamenti. Dopo la comparsa della mutazione intenso, sembra che il brinato domestico abbia subito una variazione, probabilmente una vera e propria mutazione, in qualche modo inversa all’intenso e degenerativa; sarebbe quindi non più il brinato selvatico, ma bensì uno pseudo selvatico, corrispondente solo in apparenza al selvatico.

Ipotizzo che la mutazione intenso sia paramutagenica, in grado di indurre una mutazione nel brinato e di segno opposto all’intenso.

Accade che i brinati domestici se accoppiati in purezza accentuano la brinatura, indeboliscono i carotenoidi ed il piumaggio va in eccesso. Insistendo, il fenomeno si accentua: si può arrivare ad avere dei soggetti talmente sbiaditi da essere quasi biancastri.

Un’ulteriore stranezza è che con l’accoppiamento misto, intenso eterozigote x brinato, il fenomeno degenerativo non accade; infatti, si ha un 50% di intensi eterozigoti ed un 50% di brinati in ottimo equilibrio, senza apparenze degenerative. Praticamente la specie Canarino allo stato domestico è come spaccata in due ed il brinato necessita dell’intenso per avere l’equilibrio.

Necessità certo non presente in natura, dove gli intensi non ci sono, ed i brinati si accoppiano in purezza senza alcun problema. Del resto, la forma selvatica è di regola la migliore e non necessita di alcunché.

Segnalo che allo stato domestico esiste qualche ceppo che non presenta l’aspetto degenerativo, come la razza da canto Malinois, però non credo sia un caso, poiché non annovera soggetti intensi, essendo i malinois tutti brinati. Del resto trattasi di razza rimasta a parte per la necessità di una selezione particolare per il canto.

In passato avevo pensato che la mutazione intenso avesse indotto la mutazione inversa a livello di citoplasma. Tuttavia, oggi mi pare più probabile che sia il gene nucleare interessato dalla mutazione ad essere ulteriormente mutato.

Ci sono però aspetti che fanno pensare ad un coinvolgimento citoplasmatico, come vedremo.

Come spiegare l’equilibrio nell’accoppiamento misto? Ritengo che la ragione non debba essere strettamente genetica, per via della costanza dell’effetto, ma di tipo biochimico, forse ricercabile in un fenomeno simile all’eterosi (si badi che ho detto simile, non proprio identico).

Sull’eterosi, non condivido le teorie che cercano una spiegazione genetica, poiché se così fosse l’eterosi dovrebbe mantenersi in parte della prole. Ritengo che la spiegazione debba essere piuttosto di tipo biochimico.

Va detto che ritengo fondata la teoria di Shull sulla stimolazione iniziale citoplasmatica, anche se ritengo che certe condizioni eterozigoti possano interferire, sempre per ragioni biochimiche, come la produzione di enzimi diversi.

A supporto di questo mio pensiero posso dire che i risultati dell’accoppiamento misto intenso eterozigote x brinato sono, anche se di pochissimo, migliori quando la femmina è intensa. Forse si potrebbe pensare ad una stimolazione iniziale maggiore quando il citoplasma dell’uovo è di un soggetto intenso e lo spermatozoo di uno brinato.

Ribadisco che l’accoppiamento con maschio brinato e femmina intensa è superiore solo di pochissimo e va benissimo anche l’inverso. Trattasi di inezie, come una minore probabilità di avere tracce di brinatura negli intensi. Ovviamente la qualità dei soggetti usati è preminente.

Va però segnalato un ulteriore effetto strano, ma collegabile ai discorsi precedenti, ed è che accoppiando intenso x intenso entrambi eterozigoti, si ha il 25% di intensi omozigoti già descritti e il 25% di brinati che, però, appaiono di solito di qualità inferiore a quelli nati dall’accoppiamento misto. Tendono all’eccesso quasi come quelli nati dall’accoppiamento in purezza. Inoltre si ha il 50% di intensi eterozigoti normali, di solito ottimi. Segnalo che la qualità degli intensi eterozigoti nati dall’accoppiamento intenso X intenso entrambi eterozigoti, tendenzialmente è superiore alla media.

Si rileva che gli intensi nati dall’accoppiamento in purezza non presentano quasi mai tracce di brinatura, specialmente nei maschi, anche quando tali tracce erano presenti nei genitori. È l’unica eccezione nota alla regola aurea di non accoppiare soggetti con lo stesso difetto per non accentuarlo nella prole.

Per ulteriori osservazioni sulle caratteristiche e sulla selezione delle categorie, come per il mosaico che è molto importante, rimando ad altre pubblicazioni sia cartacee che informatiche.

Preciso solo che tutti i fringillidi sono corrispondenti al brinato (ad un brinato normale di caratteristica selvatica, ben inteso) anche quando somigliano all’intenso o al mosaico. Ci sono stati vari equivoci gravissimi, ad esempio il maschio del Cardinalino del Venezuela (Spinus cucullatus) è stato ritenuto intenso, mentre è solo somigliante per la saturazione delle penne ad opera dei carotenoidi, ma la struttura è normale, per di più si rileva una fortissima concentrazione di brinatura nella zona ventrale che diventa biancastra.  Inoltre, una mutazione sub letale non può certo essere forma selvatica!

Equivoco opposto ha portato a considerare mosaico la femmina della specie suddetta e ritenuta origine della categoria mosaico, tesi che ho stroncato in varie sedi.

In natura, la diversificazione in categorie non sussiste, ed allo stato domestico c’è solo nel Canarino e spero che ivi rimanga dati i problemi che comporta. Tanto per capirci, un ceppo spaccato in due da categorie che si necessitano reciprocamente, non sarebbe utilizzabile per una reintroduzione in natura.

Giovanni Canali    

 

Nota a margine del Dr. Pasquale De Luca che ha curato la traduzione in inglese.

 

Di solito i geni codificano proteine, che hanno un ruolo nel funzionamento delle cellule e degli organismi e a loro volta sono le vere responsabili del fenotipo. Le proteine che prendono parte a reazioni biochimiche vengono chiamate enzimi. Potremmo supporre che in un gene X che controlla la lunghezza delle barbe sia avvenuta una mutazione. L’enzima corrispondente non funziona come quello originale e provoca la formazione di barbe più corte. Questa mutazione potrebbe essere causa del fenotipo “Intenso”. Sicuramente a suo tempo gli individui mutati, con colori più accesi, sono stati preferiti e selezionati (non nei Malinois che magari poi non cantavano più bene).

Supponiamo che, durante le fasi iniziali della selezione, si sia generata nel gene X una nuova mutazione (brinato del canarino) che non colpisce direttamente la lunghezza delle barbe, ma che cambia in qualche modo il controllo dell’attività dell’enzima, mantenuto invece dalla versione "intenso". Prima di formulare la nostra teoria, dobbiamo ricordare che nel citoplasma dell’uovo la femmina accumula moltissime sostanze di riserva che servono all’inizio della vita degli embrioni, tra cui tanti enzimi già pronti e tanti RNA messaggeri per formare nuovi enzimi (nelle prime ore dopo la fecondazione, l’unica vera attività’ del DNA dell’embrione è la duplicazione per formare tante nuove cellule, i geni embrionali iniziano a funzionare dopo).

Allora potrebbe succedere che:

-la versione "intenso" dell'enzima è già presente nelle uova delle femmine intenso, per cui esercita immediatamente la sua funzione;

-nelle uova delle femmine brinate tale enzima manca, quando l'allele arriva portato dallo spermatozoo inizia a produrre la proteina in stadi embrionali più avanzati, iniziando di fatto a funzionare un po' più tardi.

Questo spiega perche' la prole delle femmine intense possa essere leggermente superiore.

-il doppio intenso ha entrambi i fenomeni, per cui ha un fenotipo un po' eccessivo;

-i brinati da un regolare accoppiamento hanno l'enzima che funziona bene, ma non troppo, perché è in qualche modo (sconosciuto) "attenuato" nel genitore intenso, e produce penne regolari;

-l'accoppiamento tra due brinati genera prole in cui tale attenuazione tende a perdersi, per cui le penne crescono troppo, così

come le altre produzioni cutanee. La perdita di regolazione potrebbe essere graduale nelle generazioni.

Naturalmente questa è solo un’idea che dovrebbe essere dimostrata, ma che evidenzia ancora una volta quanto può essere complesso e affascinante lo studio delle mutazioni nei nostri beniamini piumati.

Nota della redazione: si informa che questo articolo è stato pubblicato anche sulle pagine di Italia Ornitologica, nel numero 8-9 di Agosto-Settembre 2018.